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L’affondo di Santopadre: ‘Basta funerali, ci salveremo. Scaricato e offeso, il Grifo è una ragione di vita”

Alla drammatica vigilia di una finale playout di ritorno che vale la permanenza in B, il presidente va all’attacco: ‘Contestazione giusta e salutare, ma io mi tatuerò anche il petto. Sono qui per lottare. Credo nella squadra. Se resterò? Sì’

E’ tornato a parlare Massimiliano Santopadre. Il presidente ha scelto la vigilia della finale di ritorno dei playout e lo ha fatto alla sua maniera, ovvero con un lungo monologo in cui ha voluto mandare un messaggio forte alla piazza, alla tifoseria ma soprattutto, indirettamente, alla squadra cui sono affidate le sorti e il futuro del suo Perugia.

Sono qui oggi – ha detto Santopadre via Zoom – per portare un messaggio che in questi mesi, dopo avere letto di tutto, era doveroso. Così come è doveroso metterci la faccia. La cosa che non sopporto è il disfattismo. Non siamo ancora retrocessi, c’è una partita da giocare, il Perugia darà il sangue e non retrocederà. La mia missione è salvare la categoria, poi ci sarà tempo per i processi. Conoscete la mia storia, il mio destino è lottare, la vita non è solo poesia ma anche dolore, i momenti difficili vanno superati a discapito del nostro modo di essere. Mi sono risentito perché tra le tante cose ho letto che non potrei portare il Grifo tatuato sul braccio. Sapete che vi dico? Io me lo tatuo anche sul petto. Perchè io il Grifo lo amo più di quelli che oggi mi hanno scaricato. Ma ora non voglio polemiche. Voglio la salvezza, a marzo il problema era salvare i miei dipendenti, oggi devo impegnarmi a salvare di nuovo squadra, società e dipendenti ma vi assicuro che non finirà né la mia vita, nè il Perugia‘.

Ma lo sfogo del presidente è stato ancora più articolato: ‘Da quando avevo 13 anni sono stato dentro i mercati rionali, ne ho viste tante, non mi spaventa combattere. Ho sempre però dato e ricevuto rispetto e questo mi permette di andare a testa alta, nutro amore per questa società, affronto a testa alta le situazioni mettendoci la faccia. Sono convinto che ci salveremo, non siamo retrocessi, basta coi funerali, venerdì c’è la guerra, io sarò in panchina con la mia squadra e difenderò i giocatori fino all’ultimo. Hanno sbagliato, ne sono consapevoli, sanno bene cosa è successo ma sono e siamo tutti persone per bene. Il 15, il 16 e il 17 e oltre starò a Perugia ancora, perché per me Perugia è una ragione di vita, non una scommessa del c… Sono sicuro che la squadra sarà in grado di reagire, perché è forte, siamo entrati in un vortice maledetto ma il Perugia può vincere una partita e tirarsene fuori. Occorre vincere i duelli e i corpo a corpo, lo faremo‘.

A Santopadre è stato chiesto anche del gesto antisportivo del lancio di un pallone in campo nel recupero a Pescara da parte della panchina abruzzese. ‘Non me frega niente – ha tagliato corto -, io non faccio ricorsi, attiene alla coscienza di chi lo ha fatto. Pensiamo alla partita‘.
Quindi il numero uno biancorosso ha affrontato il delicato argomento della contestazione dei tifosi. ‘La contestazione è salutare in questi momenti, i ragazzi venuti a Cascia hanno parlato in modo straordinario, facendo un discorso vero, da uomini. Me l’hanno riportato per intero, io non c’ero. Ma poi abbiamo perso. La squadra aveva anche reagito, ha fatto un grande primo tempo. Non mi spaventano le contestazioni, fanno parte del calcio, non pretendo i cori per me ma essere scaricati totalmente sì, mi ha offeso sinceramente’.
Quindi la chiosa: ‘Venerdì la squadra combatterà, ne sono certo, basta con i funerali, la negatività. Il Perugia non è retrocesso e non retrocederà perché questa società non se lo merita, io il 15 mattina starò qua. Voglio tutti positivi perché ne usciamo bene anche stavolta, io è dal 7 marzo che combatto, non mi tiro indietro, forza, forza, forza! Se resterò a Perugia comunque vada? Sì. Andiamo a giocarcela, lunga vita al Perugia’.

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