La funzione di Don Mauro Angelini tra spiritualità e campo: “Renato non conosce infortuni, Covid e squalifiche. Lui è il tredicesimo uomo, i tifosi il dodicesimo. Preparatevi allo spettacolo alla partenza per Terni”
Da Salò alla partenza per Terni. L’omelia di padre Mauro Angelini nella messa in memoria di Renato Curi è un viaggio che parte dal 30 ottobre 1977, quel tragico Perugia-Juventus, e ripercorre le ultime settimane di questa stagione. Nella festa promozione i grifoni indossavano una maglia rossa con un otto bianco stampato e il don ha sottolineato l’importanza di quel gesto: “Con Renato c’è una spinta in più ma non solo. Giocare con il Perugia è un esperienza unica e indimenticabile, è come avere attaccata alla pelle la sua maglia e percepire la sua presenza come quella di un angelo”.
La celebrazione si è svolta in forma privata all’interno dello stadio “Curi” il 19 maggio perché nella data dell’anniversario del 30 ottobre era stata rinviata causa Covid. Oltre alla squadra, alla società e alla famiglia rappresentata dalla figlia Sabrina erano presenti gli ex grifoni Franco Vannini, Nello Malizia, Claudio Tinaglia, Mauro Amenta e Massimo Lupini.
Ma se la messa e la celebrazione sono momenti solenni e irripetibili, padre Mauro del Perugia è il primo sostenitore e nell’omelia ha infilato il tema del fortino del “Curi” e dell’importanza dei tifosi biancorossi anche in un anno delicato come questo caratterizzato dal Covid: “Il nostro è un rettangolo di gioco che ha visto un campione in campo e fuori passare alla vita eterna. E in trasferta il Perugia gioca sempre in 13. Il dodicesimo uomo sono i tifosi: sempre presenti come nell’incitamento prima di Salò. Preparatevi allo spettacolo alla partenza per Terni. Il tredicesimo è Renato: lui dal cielo non conosce infortuni, Covid e squalifiche”. Infine, l’invito alla città: “Sta a noi custodire la tua eredità. Entra sempre di più nel cuore di ogni giocatore che indosserà questa maglia”.