Il club biancorosso costretto a reperire privatamente e fuori regione una importante quantità di test molecolari per l’eventuale ripresa del campionato: una nuova operazione complicata ed onerosa
Un guaio dopo l’altro. In queste ore il Perugia si ritrova a dover combattere con la ripartenza probabile del calcio professionistico e della serie B e con tutti i problemi annessi e connessi. Non c’è soltanto il guaio dei prestiti da rinnovare ma ora spunta fuori il problema altrettanto gravoso relativo ai test molecolari o tamponi che dir si voglia.
Il protocollo per le sedute di allenamento di gruppo appena approvato e pubblicato prevede tamponi ogni quattro giorni per tutto il gruppo-squadra, addirittura ogni due giorni in caso che venga trovato un giocatore positivo al coronavirus. I quotidiani umbri di oggi, La Nazione, Il Messaggero e il Corriere dell’Umbria, raccontano di come per il Perugia potrebbe essere iniziata una piccola odissea, quella relativa alla ricerca dei tamponi e relativi reagenti in giro per l’Italia, stante la direttiva rigorosa di non creare disagi alla popolazione andando a prendere i tamponi alla Asl. In Umbria non ci sono però laboratori privati autorizzati ed ecco che il Perugia è costretto a guardare fuori regione, con tutte le difficoltà che questo comporta sia a livello di reperibilità che di costi che di logistica.
Un’altra operazione complicata ed onerosa da portare a termine prima del 28 maggio, giorno in cui il Governo deciderà se fare ripartire o meno il calcio in base alla curva dei contagi.