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Grifo, Castori a ‘Il calcio racconta’: gli inizi, la scalata, San Patrignano e gli aneddoti

Il tecnico marchigiano si è raccontato a 360 gradi all’evento di presentazione del progetto “One For Eleven”

“Tutti i passaggi di categoria li ho ottenuti sul campo, nessuno mi ha regalato mai nulla. Nelle serie superiori ci sono andato quando ho vinto il campionato”. Così Fabrizio Castori ha iniziato il suo intervento durante la serata “Il calcio racconta” che si è svolta lunedì 27 marzo presso il Nuovo Cinema Smeraldo di Pistrino. Un evento che ha ospitato anche Fabrizio Ravanelli e Francesco Magnanelli ed ha avuto lo scopo di presentare il progetto “One For Eleven”.

Questi i passaggi più curiosi ed interessanti dell’intervento dell’attuale allenatore del Perugia.

Gli inizi.All’inizio per me il calcio era soltanto un aspetto ludico e di fare l’allenatore nemmeno ci pensavo lontanamente. Poi a 26 anni una collega mi disse che il marito cercava un tecnico per la Belfortese dopo che l’allenatore se ne era andato perché erano ultimi in classifica. Mi disse: ‘noi ormai non ci salviamo più ma dobbiamo presentarci la domenica, vuoi venire ad allenare?’. Ci pensai un po’ e decisi di accettare. La prima partita della mia carriera da allenatore l’ho persa 5-0 contro il Pollenza. Quella sconfitta mi fece acquisire spirito di rivalsa. Iniziammo a fare gli allenamenti tutti i giorni, una cosa assurda in seconda categoria! Con la mia 500 passavo a prendere i giocatori e li portavo al campo. Alla fine la squadra si è salvata vincendo 7 delle ultime 8 partite.”

Soldi. “Come dissi in un’intervista qualche tempo fa quando mi domandarono: ‘Non pensi di aver guadagnato poco per quello che hai vinto in carriera?’. Io risposi così: ‘Se penso a quello che guadagnavano mamma e babbo che si alzavano alle 6 per andare in fabbrica, io mi sento fortunato’”.

La moglie.Quando sono andato al Tolentino ho vinto l’eccellenza e la Serie D, conquistando la C2. Dopo 6 anni lì mi chiama il Lanciano che doveva fare la D dopo aver vinto il campionato di Eccellenza. Avevo già tre figli e quindi io non sarei mai andato perché inoltre andare a Lanciano significava dover lasciare il lavoro. A quel punto mi convinse mia moglie. Se non fosse stato per lei io non avrei mai iniziato quell’avventura e quindi non avrei mai fatto l’allenatore professionista. A quel punto è scattato in me il senso di responsabilità, non potevo fallire perché il calcio era diventato il mio lavoro. Dovevo far bene e basta!”.

Castorizzati.Il termine è nato a Lanciano. Identifica un modo di giocare della squadra. Io i primi due anni lì ho vinto la D e la C2 e il terzo ho fatto i playoff per andare in B. Un triennio straordinario. Era una squadra avvelenata che giocava come piaceva a me: tanta corsa, aggressione e gioco in verticale. Poi si sa, al Sud sono calorosi, e hanno coniato questo termine”.

L’aneddoto sul ‘Meo’ Lugaresi.Diceva: ‘Fabrizio quando parla non conta fino a 10, non conta per niente!’. Questo per dire che ero istintivo. Ad Ascoli e Trapani uno che ragionava non sarebbe andato. Invece io sono andato e direi che ho fatto bene!”.

San Patrignano.Tutto nacque durante un triangolare di beneficenza. Il responsabile  della squadra di San Patrignano Marcello Chianese mi disse che voleva fare un campionato di terza categoria con tutti i ragazzi della comunità e mi propose di fare l’allenatore. Per quei ragazzi il calcio era un aspetto ludico, una terapia di recupero. Ad agosto cominciammo la preparazione. Dopo un po’ di tempo i responsabili di SanPa mi dissero che i ragazzi traevano molti benefici dalla mia presenza. La cosa mi prese: io andavo là tre volte a settimana dopo aver fatto l’allenamento col Cesena, poi giocavamo la domenica. Ho ricevuto molti riconoscimenti per la mia attività a San Patrignano, ma è stato un dare-avere, ho ricevuto tanto anche io da quei ragazzi”.

CLICCA QUI PER GUARDARE IL VIDEO INTEGRALE DELLA SERATA

*Foto di Carlo Campi

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