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Lucarini: “Perugia grande famiglia, stiamo scrivendo la storia”

Intervista al direttore generale del Grifo durante l’emergenza Coronavirus che sta fermando il pianeta. “Serve intelligenza in questo momento di dolore. Dobbiamo uscirne non più buoni ma più veri”

Nove anni fa il Perugia stava venendo fuori dalle sabbie mobili del secondo fallimento in cinque anni e Massimiliano Santopadre, allora a capo del Settore giovanile del club biancorosso guidato da Roberto Damaschi, su assist del socio Gianni Moneti portò a Pian di Massiano Mauro Lucarini.

Nacque il “Progetto Academy” del Perugia calcio che oggi è un modello globale. Il direttore generale biancorosso, costruttore di ciò che definisce “una famiglia allargata in tutto il mondo”, si racconta in questo periodo di stop forzato per l’emergenza sanitaria.

Direttore Lucarini, come sta vivendo questo momento?
“Sono giornate in cui si riscopre ciò che è mancato in tutti questi anni. I contatti con le persone più care, in particolare”.
Vede una luce in fondo al tunnel?
“Dobbiamo per forza uscirne. Noi italiani abbiamo qualità nascoste che tiriamo fuori in Zona Cesarini. Sono speranzoso”.
Si è fatto un’idea su quando potrà ripartire lo sport?
“Adesso il calcio è in secondo piano. Si dovrà riprendere solo con tutto in sicurezza e quando la gente potrà sorridere e abbracciarsi”.
Ci saranno ripercussioni pesanti per i club?
“Le società sono a rischio ma bisogna avere buon senso perché che ci sono tante persone che stanno soffrendo. È dura far quadrare i bilanci e non vorrei essere nei panni dei proprietari dei club che investono, ma forse è il momento di adeguarsi con idee che siano in grado di valorizzare il prodotto nazionale. I cambiamenti si possono fare e ci vogliono novità per dare tanto spazio ai giovani”.
Quali segnali arrivano dal “Progetto Academy”, la sua grande creazione?
“Siamo la società che ha il maggior numero di affiliate, ora sono 144. È una famiglia allargata in Europa e nel mondo. Ogni giorno, nei tanti gruppi WhatsApp, leggo cose meravigliose. Devo ringraziare chi lavora dietro le quinte perché abbiamo inviato allenamenti e quiz e ci rispondono tutti che solo una grande famiglia può fare una cosa del genere. Sono tutti diventati tifosi del Perugia, anche in città storicamente antagoniste”.
È orgoglioso?
“Sarà il più bel ricordo che ci porteremo dentro da raccontare ai nipoti quando saremo vecchietti. Anche dal Giappone ci arrivano foto sorridenti. E, nonostante le difficoltà che hanno anche loro, fanno il tifo per Perugia e per l’Italia. Penso che abbiamo lasciato una traccia nella storia del calcio”.
Ripensa mai al suo arrivo a Perugia?
“Allora c’era quella che chiamo scherzosamente ‘triade’. Damaschi era il presidente, Moneti era socio e disse a Santopadre, allora presidente del Settore giovanile, di venirmi a vedere nella periferia laziale in cui allenavo quasi 100 ragazzi tutti nello stesso campo di terra. Santopadre lo ricorda sempre e a me fa piacere pensare che eravamo innovativi già 9 anni fa visto che oggi tanti stanno copiando l’Academy”.
È cambiato il suo rapporto con Santopadre in questi anni?
“Da subito, arrivando a Perugia, tutti si sono dimostrati fantastici, anche Damaschi e Moneti. Tre giorni fa ho sentito il presidente Santopadre e, in questo momento, abbiamo più tempo per confrontarci e approfondire tante cose rispetto a quando si viaggia sempre di corsa”.
L’ha sentito preoccupato?
“Ha sempre saputo ciò che vuole ed è naturale che sia preoccupato. Ma non tanto per il futuro quanto per la sofferenza di questi giorni di tante persone. Poi c’è il calcio e, anche in veste di rappresentante di Lega, ha i suoi pensieri per cercare di sistemare le varie situazioni con minori rischi per tutti”.
Il suo sogno è vedere un perugino del Settore giovanile giocare con il Grifo?
“Il mio giocatore preferito deve uscire dalle giovanili con grande senso d’appartenenza. Poi per un perugino è più difficile giocare con il Perugia. Qui gli appassionati hanno un palato raffinato, non basta vincere. Per questo deve essere un ragazzo con intelligenza e fame. Un po’ com’è stato Roberto Goretti. Sarebbe un sogno vedere un ragazzo così…”.
Da dirigente come valuta il calo di abbonati negli anni?
“Non è detto che il risultato sportivo incida sulle presenze allo stadio. Ormai il calendario presenta partite tutti i giorni e in qualsiasi orario ed è difficile organizzarsi, per questo molti tifosi preferiscono fare il biglietto. Anche se da oltre 7.000 siamo passati a 5.800 non dimentichiamo che sono grandi numeri per la Serie B”.
Come uscirà il mondo del calcio da questa emergenza?
“Ci vuole intelligenza in questo momento di dolore per far tornare il calcio, a livello globale, un divertimento. Ciò che sta succedendo, a distanza di 100 anni dall’ultima pandemia, ci deve far ridimensionare tutti. Non dobbiamo esse più buoni ma più veri. Ce la possiamo fare perché noi italiani siamo veramente forti. Non cambierei il mio Paese con nessun altro al mondo”.

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