Il centrocampista guineano racconta il suo “viaggio bruttissimo” per arrivare in Italia su un barcone e “il miracolo” che lo ha portato a diventare un calciatore: “Ringrazierò sempre Goretti e Pizimenti”
Dalla guerra civile in Africa alla maglia da titolare in Serie B, con il Grifo sul petto. Tutto in appena tre anni. È l’incredibile percorso di Amara Konate. “Sono fuggito dagli scontri etnici in Guinea”, l’inizio del racconto in un ottimo italiano dalla sua casa di Perugia, durante l’isolamento per l’emergenza sanitaria.
“Dalla Libia, su un barcone, sono arrivato a Catania, poi mi hanno portato in un centro profughi a Cassino. Il mio pensiero va spesso ai compagni di quel bruttissimo viaggio che non sono stati fortunati come me. Dio mi ha aiutato e lo ringrazio ogni giorno. È stato un miracolo”.
Poi l’avvicinamento al pallone. “In Guinea – spiega Konate – avevo solo giocato per strada. Il mio attuale agente, Antonio Altrui, mi ha notato durante una partita con i compagni del Centro, mi ha vestito e nutrito, lo ringrazierò sempre. Mi sono allenato nel Cassino e poi il provino nel Perugia che mi ha cambiato la vita. Ringrazierò sempre i direttori Goretti e Pizzimenti“.
A 19 anni i primi calci ad un pallone, a 21 l’esordio in Serie B. In mezzo il percorso con la Primavera biancorossa “in attesa di regolarizzare la posizione”, l’approccio con la prima squadra di Nesta, l’esperienza in Lega Pro al Rieti e in questa stagione la svolta con l’arrivo di Cosmi. “Non posso che ringraziarlo per la fiducia, a Napoli mi ha fatto debuttare in Coppa, poi in B da titolare, non me l’aspettavo. Ricordo l’emozione dell’esordio al Curi“.
In questi giorni il pensiero è sempre alla famiglia in Guinea. “Sono poveri, in Africa non è facile, non faccio che raccomandarmi di seguire le precauzioni, il distanziamento, lavarsi le mani”. La vita di Konate continua ad essere una grande sfida e la prossima “è lottare insieme al Perugia per i play off“.