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Cosmi: ‘Una volta il Perugia proteggeva gli allenatori e faceva mercato a gennaio’

L’uomo del fiume è tornato a parlare in pubblico a ‘Footbook’ dopo la retrocessione e ha tirato stoccate a giocatori e società: ‘Un grifone senza attributi mi ha detto: il calcio si è evoluto. Ma sono loro gli involuti. Mi avesse mai chiamato Gaucci per farmi la formazione. Se qualcosa non andava con un giocatore, il martedì non lo trovavo all’allenamento’

Serse Cosmi è tornato a parlare dopo la scorsa drammatica stagione. L’allenatore, che ha intervallato i due periodi di Massimo Oddo a Perugia, nella serata di mercoledì è salito sul palco del teatro Brecht di San Sisto, ospite di un incontro insieme a Neri Marcorè e Fabrizio Ravanelli all’interno della prima giornata del calendario di FootBook Perugia Racconta e Gioca, festival con incontri, laboratori ed interviste che tratta i temi dal Perugia del passato a quello di oggi. I riferimenti alla scorsa stagione in una conversazione che si è articolata con visione di alcuni video e commenti di questi erano inevitabili. Fin dal primo momento, infatti, Cosmi ha colpito di fioretto. “La sintesi di quello che vuol dire essere un gruppo, cosa indispensabile per ottenere dei risultati”. Così ha commentato il video in cui a casa sua fa il deejay in una festa privata con i giocatori dell’Ascoli tre giorni prima dello spareggio playout. Aggiungendo poi: “Quel gruppo era stato definito scarso ma nelle ultime dieci partite non ha mai perso perché il gruppo voleva stare insieme e vedeva nell’allenatore qualcuno di cui ci si poteva fidare. Il riferimento non è casuale. Per ottenere dei risultati è fondamentale avere dentro qualcosa. I gruppi che non hanno dentro questo senso di voler stare insieme e ottenere il risultato sono sempre penalizzati”.

Anche tornando al passato, rivedendo le immagini di Perugia-Juventus in cui segnò Ravanelli, l’uomo del fiume ha avuto occasione di pungere: “Esisteva anche un Perugia che faceva mercato a gennaio”, con riferimento all’acquisto in quella stagione di Penna Bianca. Quando l’argomento del dibattito è diventato il calcio moderno, Cosmi ha raccontato un aneddoto della passata, disgraziatissima stagione: “Ho avuto quest’anno un giocatore che non ha avuto gli attributi di giocare, ma quelli di venire nel mio spogliatoio a dire che il calcio si è evoluto. Gli ho risposto che è vero e sono loro che si sono involuti”. Un commento a cui poi, riprendendo un discorso di Ravanelli, è stato aggiunto: “Prima sentivo dire Fabrizio che loro per l’allenatore si sarebbero buttati dal quarto piano. Ora siamo arrivati a me che li butterei dal quarto piano”.

In tutta la serata che si è sviluppata tra calcio moderno e Perugia del passato, i riferimenti alla scorsa stagione sono continuati a comparire in modo più o meno implicito. “Devono capire le società, devono investire sull’allenatore ed avere fiducia. Mi avesse mai chiamato Gaucci per dirmi che formazioni mettere – ha sottolineato Cosmi -. Lui i problemi me li ha sempre risolti. Quando c’era qualcosa che non andava con un giocatore, martedì non lo trovavo all’allenamento”. L’uomo del fiume esprime poi parole di grande apprezzamento per Ravanelli come dirigente (“Se quest’anno lo avessi avuto in società molte cose non sarebbero accadute. Quando l’allenatore è solo, se si gira deve trovare qualcuno”) e come allenatore (“Tanti personaggi del calcio hanno smesso e gli hanno dato squadre da allenare. Perché Ravanelli non ha mai avuto possibilità di allenare a Perugia dove sono passati cani e porci? Perché dà fastidio una persona che possa rappresentare Perugia”).  Soprattutto ha tenuto a sottolineare che “non esistono più i calciatori che giocano per la città. Non ci sono più i Fabrizio Ravanelli. Qui ci sono due persone (lui e Ravanelli, ndr) che saranno sempre tifosi del Perugia”

Gli aneddoti: Lazio-Perugia

Nelle due ore di conversazione c’è stato spazio anche per aneddoti del primo Perugia di Cosmi. L’allenatore ha raccontato quella volta che espulso dall’Olimpico gridò “Forza Roma”. “Quella partita fu l’ennesimo furto che il Perugia subì in quel campionato. Io ero il quarto espulso della partita e mentre uscivo mi erano arrivate bottiglie e tutto. La partita ormai era persa e l’unica cosa che potevo dire per fare male alla Lazio era “forza Roma”. Non ci avevo pensato, ma mentre uscivo mi hanno visto tutti sul maxischermo. Così la conferenza successiva era riempita da radio della Lazio, uno contro cento”.

Gli aneddoti: Luciano Gaucci

C’è spazio anche per ricordare con affetto Big Luciano: “Quando un presidente è carismatico non soffre la luce dell’allenatore, anzi la sfrutta. Ditemi se c’era una persona più egocentrico di Gaucci a Perugia. Non c’era in Europa. Quando è venuta fuori la mia candidatura, non candeggiata da lui, mi disse: ‘Lei viene dall’Arezzo, dalla Serie C. Le dò l’occasione di allenare in Serie A, ma con lo stipendio di uno che sta in Serie C. Se poi se lo merita, la pago anche più di Capello’.

Quando poi sono diventato un personaggio con Mai Dire Gol, che mi ha ucciso professionalmente perché importava più il cappellino ed il ‘Ti spezzo la gamba’ che il gioco della squadra, mi chiamava in vivavoce dai salotti di Roma dove diceva che aveva creduto in me, che ero il più bravo ed il meno pagato. Quando il Brescia mi fece un’offerta faraonica per farmi allenare la squadra di Baggio, Gaucci il giorno dopo fece  uscire un’intervista a tutta pagina del Corriere dello Sport: ‘Cosmi è il mio Ronaldo. Se lo vogliono devono darmi 40 miliardi’. Il presidente del Brescia mi chiamò: ‘Tu sei forte e l’offerta importante te l’abbiamo fatta, ma con 50 miliardi ci compro davvero Ronaldo che le partite me le fa vincere di sicuro’. 

Il calcio ai tempi del Covid

Cosmi ha commentato anche la situazione attuale legata al Covid dove afferma: “Sta passando il messaggio che si possa giocare anche senza gente sugli spalti. Una cosa terrorizzante. Io chiuderei le tribune ed aprirei le curve. Quando mio figlio è andato in tribuna si è messo a piangere, in curva non lo faceva mai. Le tribune sono da sempre più pericolose, ma una pericolosità più complessa da descrivere”. Ha anche raccontato l’aneddoto di una risposta che con la sua solita verve ha dato ad un tifoso che gli ha chiesto quando sarebbe tornato ad allenare. “Quando trovano il vaccino. Quello per questo calcio, non per il Covid”.

Il calcio moderno

Nella conferenza tutti e tre i protagonisti, Marcorè, Ravanelli e Cosmi, si sono distaccati dal calcio moderno perché “ti dicono che è cambiato, ma in realtà non ci sono più uomini come poteva essere Mazzone – afferma Cosmi – giocatori ed allenatori sono il prodotto di come i dirigenti hanno voluto che diventassero. Non puoi neanche più giudicare un allenatore perché inizia subito dalla Serie A. Ho scoperto che nel 2006 oltre a campioni del mondo in quella squadra c’erano venti geni: tutti fanno gli allenatori e chi non lo fa, come Totti e Del Piero, è per scelta propria”.

L’uomo del fiume poi ha analizzato le trasmissioni che trattano oggi il calcio: “Adesso vedo grandi dibattiti su come si deve giocare che non interessano a me che faccio l’allenatore, figuriamoci a chi non lo vuole fare. Una volta si ironizzava di più, se ne parlava in modo diverso, si cercavano di più le emozioni”.

Sull’importanza del rapporto con la squadra: “Da quando sono nato io in tutte le categorie si vince o si perde per gli stessi motivi. Il calcio resiste perché la gente ci si riconosce. Quando frequentavo il bar sotto casa mia c’erano almeno cinque persone che ne sapevano più di me. Pensa quanti bar ci sono in tutta Italia. La cosa più semplice è comunicare le nozioni, la cosa più complessa è comunicare le emozioni. E se tu in un settore giovanile con un ragazzino o in una squadra con un calciatore non lavori con passione e con trasparenza, se ne accorgono”.

 

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